La Grandezza nella Decadenza: l’Apparente Paradosso del Neo-Ottomanismo
Come promesso, il secondo paper ritrovato. Questo consegnato e valutato (posso flexare il 30 vero?)
La domanda che sorregge questo paper sorge dalla lettura dell’articolo di Edward Wastnidge “Imperial Grandeur and Selective Memory: Reassessing Neo-Ottomanism in Turkish Foreign and Politics”. In particolare, a partire dai riferimenti al tardo Impero Ottomano che viene assunto come modello di riferimento. La domanda è: “Per quale motivo si ricerca la legittimazione in un periodo di decadenza?”. Intuitivamente, si potrebbe dare per scontato che quando si guarda al passato si cerchi un’identificazione con i periodi di splendore della propria storia.
Wastnidge cita diversi casi di auto-legittimazione da parte dell’attuale establishment turco con riferimento agli ultimi decenni dell’Impero. L’attuale Presidente turco, in carica dal 28 agosto 2014 dopo undici anni come Primo ministro, Recep Tayyip Erdoğan, ha più volte citato il Sultano Abdülhamid II nei suoi discorsi pubblici, ponendosi come suo successore morale. Abdülhamid II è stato Sultano dell’Impero per trentatré anni, da agosto 1876 a settembre 1909, quando è stato detronizzato da una sommossa ordita dai Giovani Turchi, movimento nazionalista con l’ambizione di modernizzare l’Impero. Nella retorica del Presidente, leader del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), Abdülhamid II viene dipinto come uno degli ultimi baluardi dell’ottomanismo mentre veniva insidiato da nemici interni (il nazionalismo delle varie minoranze sottoposte al dominio della Sublime Porta) ed esterni (le potenze occidentali, o meglio cristiane, in primis il confinante Impero Russo).
Le conquiste di Erdoğan vengono ricondotte al Sultano, come esemplifica la vicenda di Gezi Park a Istanbul del 2013 che ha visto lo scontro fra i manifestanti, che volevano preservare il parco, e le autorità turche. L’allora Primo ministro in diversi discorsi pubblici ha paragonato i manifestanti alle forze centrifughe del tardo Impero, accusando i manifestanti di essere finanziati e mossi dalle potenze occidentali, esattamente come i Giovani Turchi che trovavano un modello nel mondo europeo. Se per il movimento ottocentesco l’accostamento è abbastanza immediato essendo i leader dei Giovani Turchi studenti in Università europee (Parigi in primis) e dati i palesi riferimenti al Vecchio Continente (a partire dal nome, inspirato dalla Giovane Italia mazziniana), per i manifestanti del 2013 l’associazione ai presunti nemici esterni dello Stato turco è meno evidente. Ciò non ha, però, impedito a Erdoğan di perseguire questa strada, anche con successo. Le rivendicazioni dei manifestanti non erano proteste legittime a difesa del parco ma un tentativo di minare l’autorità governativa, permettendo ai nemici della Turchia di influenzare la vita politica e trarre vantaggi economici e geopolitici da una Repubblica meno forte. Curiosamente, anche senza proteste la vicenda di Gezi Park sarebbe ascrivibile alla retorica neo-ottomanista. Infatti, al posto del parco sarebbero stati costruiti un centro commerciale e dei condomini con stile architettonico neo-ottomano.
Oltre alla vicenda di Gezi Park, altri eventi della storia recente turca sono stati sfruttati in questa ottica. Il tentato colpo di Stato del luglio 2016 è stato paragonato a quello del 1909 con la differenza sostanziale che il Primo ministro è riuscito a mantenere l’incarico e, così facendo, ha portato giustizia al vecchio Sultano. La costruzione di una strada che collega le principali città turche così come la realizzazione di una linea ferroviaria che congiunge la sponda europea e quella asiatica di Istanbul attraverso il Bosforo sono stati annunciati come la concretizzazione del sogno di colui che, un anno prima della deposizione, era riuscito a far completare la ferrovia dell’Hegiaz che collegava Damasco a Medina. Allo stesso modo, l’estinzione del debito turco nei confronti del Fondo Monetario Internazionale è stato un ulteriore omaggio alla memoria di Abdülhamid II, il quale non avrebbe mai accettato prestiti monetari da altre nazioni.
Leggendo questo articolo mi sono anche chiesto se sia una peculiarità dell’AKP ricercare legittimità in periodi di decadenza. Per rispondere a questa domanda ho cercato altri casi in cui il passato viene preso a modello come un periodo in cui ritornare. Prima realtà a cui ho guardato è il Regno Unito. Nel recente dibattito politico sulla permanenza del reame di Re Carlo III (ai tempi del paper era ancora in carica Elisabetta II, nda) all’interno dell’Unione Europea, i sostenitori dell’uscita dall’UE, i leavers, hanno spesso fatto più o meno espliciti riferimenti al glorioso passato imperiale. Uno dei concetti chiave della propaganda pro-Brexit era tornare liberi, dai vincoli imposti dalle direttive dettate dai burocrati di Bruxelles, dalle restrizioni economiche legate alla politica economica dell’austerità, dal comune mercato lavorativo che sottraeva posti di lavoro alla “gente rispettabile” (come afferma Nigel Farage, leader dell’UKIP, il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito, all’indomani della vittoria nel referendum del 23 giungo 2016). In questa volontà di “tornare liberi” entra in gioco il vecchio Impero coloniale della corona britannica. I leavers, in risposta a chi esprimeva timori di danni per l’economia britannica in caso di abbandono al Mercato Comune, ricordavano l’esistenza del Commonwealth, l’organizzazione intra-governativa fra le ex colonie britanniche e la “madre patria”. La situazione è parzialmente assimilabile a quella turca, infatti il commercio con le ex colonie a cui facevano riferimento i sostenitori della Brexit non era quello dell’età d’oro dell’Impero (l’Ottocento) ma a quello del disfacimento dell’Impero stesso, dopo la Seconda Guerra Mondiale, ignorando, volenti o non, che proprio la decolonizzazione rendeva la prospettiva di un Mercato Comune Europeo molto attraente per la monarchia inglese.
Altra situazione di “ritorno al passato” sono gli Stati Uniti del 45° Presidente Donald Trump, eletto dopo una campagna elettorale rappresentata perfettamente dallo slogan “Make America Great Again”. Il “Great Again” presuppone che gli Stati Uniti non fossero più la potenza che fu. In questo caso, non troviamo riferimenti ad un particolare periodo storico, si passa dall’Amministrazione Reagan a quella Roosevelt in base all’occasione. In realtà, pur non potendo parlare di decadenza, l’eco è anche a periodi di grande difficoltà. Franklin Delano Roosevelt, 32° Presidente, giunse alla Casa Bianca nel 1933, con un paese in ginocchio da quattro anni dopo il crollo della borsa di New York nel “Giovedì Nero” (24 ottobre 1929) che diede il via a quella che la storia ricorda come Crisi del ’29. In 12 anni di Presidenza, FDR, ha portato gli Stati Uniti a risorgere dalle proprie ceneri gettando le basi per divenire la futura superpotenza. La differenza sostanziale dal caso ottomano, ma pure da quello britannico, è che il periodo buio è stato efficacemente superato mentre né la Sublime Porta né l’Impero dei Windsor sono sopravvissuti alle conseguenze delle due Guerre Mondiali.
Tornando indietro nel tempo, un altro possibile esempio della ripresa del passato per legittimare il presente è l’Italia fascista con il relativo culto della romanità. Durante il Ventennio, la propaganda dettata da Benito Mussolini, capo del Governo italiano dall’ottobre 1922 al 25 luglio 1943, era animata da diversi riferimenti all’epoca dell’Impero Romano in quasi ogni area, dall’arte alla politica. L’obiettivo decantato dal Duce era quello di restaurare uno Stato italiano che fosse degno di fregiarsi del titolo di erede di quella potenza in grado di dominare gran parte del mondo a essa conosciuto. I riferimenti sono molteplici. I più diffusi e comuni sono a Ottaviano Augusto, colui che pose fine alla Repubblica divenendo, de facto ma non de jure, il primo Imperatore romano. Pur non potendo parlare di decadenza, anche Augusto è vissuto in un periodo molto turbolento. Nel secolo precedente Roma aveva assistito a due guerre civili (Silla contro Caio Mario e Giulio Cesare contro Pompeo, con i relativi seguiti) e stava per entrare nella terza con lo stesso Ottaviano destinato a rivestire un ruolo di primo ordine fronteggiando Marco Antonio. Probabilmente, si potrebbe descrivere il I secolo a.C. come il più complicato della storia romana, fino a quel momento.
Altro imperatore ricorrente nella propaganda fascista è Costantino. Passato alla storia come primo Imperatore cristiano, è proprio il suo ruolo nell’evoluzione religiosa dell’Impero a essere sfruttato dai fascisti. Attraverso la Cristianità era, infatti, possibile tracciare una linea che, idealmente, univa l’Impero all’Italia degli Anni Venti e Trenta. In questo senso, la Chiesa stessa veniva vista come la custode di questa eredità. Ovviamente, è facile intuire come la propaganda fascista in realtà attingesse a qualsiasi possibile rappresentate della grandezza che fu e che doveva tornare ad essere, da Dante al Risorgimento.
Prendendo come esempi queste tre realtà, si può notare come il ritorno ad Abdülhamid II non sia così strano come potrebbe apparire in superficialità. Forse, più che la grandezza e lo splendore in sé, ciò che risulta utile dal punto di vista propagandistico e politico è creare una connessione con un periodo della propria storia nel quale le figure prese come riferimento hanno risposto con energia e tenacia alle sfide che la storia ha posto loro davanti, anche oltre l’effettiva efficacia. Che l’Impero Ottomano fosse in decadenza non è rilevante, è rilevante come il suo Sultano abbia fatto di tutto per proteggerlo. È questo che rende Abdülhamid una figura meritevole di imitazione, degna di ricevere una giustizia postuma. Molte delle iniziative politiche di Erdoğan vengono, infatti, ascritte a una tradizione figlia delle volontà del vecchio Sultano, con il leader dell’AKP identificato come successore morale.
Consiglio 1. Punsiher - Phoebe Bridgers (2020). Ad ora il consiglio più recente, il disco di Phoebe è un capolavoro. Un’opera intima, sincera, introspettiva, diretta. Bridgers riesce a fondere elementi malinconici e apocalittici (vedasi l’ultima traccia) a momenti quasi ironici (come in Kyoto).
Consiglio 2. The Swimmers - Sally El Hosaini (2022). Film che racconta la vera storia delle sorelle Mardini, due ragazze siriane in fuga dalla guerra civile con il sogno, trasmesso dal padre, di arrivare alle Olimpiadi. Un film che mostra bene le difficoltà e i pericoli della tratta balcanica nonché l’in-umanità delle politiche europee. Una scena che mi è rimasta impressa è nei primi minuti, prima del viaggio, quando le sorelle e altri ragazzi partecipano a una festa, ballano in discoteca mentre sullo sfondo il cielo notturno viene illuminato da esplosioni di razzi (scena che potete vedere anche dal trailer). Disponibile su Netflix.
Bibliografia
Braccesi L., Costantino e i Patti Lateranensi, Studi Storici, Anno 32, no. 1, pp. 161-167, 1991;
Kallis A., Framing “Romanità”: The Celebrations for the Bimillenario Augusteo and the Augusteo —Ara Pacis Project, Journal of Contemporary History, vol. 6, no. 4, pp. 809-831, 2011;
Mantran R., Storia dell’Impero Ottomano, Argo, Lecce, 1999;
Torchiani F., Il Fascismo e l’Idea di Roma, Il Politico, vol. 74, no. 1, pp. 201-216, 2009;
Wastnidge E., Imperial Grandeur and Selective Memory: Reassessing Neo-Ottomanism in Turkish Foreign and Domestic Politics, Middle East Critique, 28:1, pp. 7-28. 2019;
Wenzl N., “This is about the Kind of Britain We Are”, in Koller V. et al., Discourses of Brexit, Routledge, 2019;